Il volere conscio non è un male inteso come peccato, ma un male inteso come mancanza.
E’ la mancanza che non rende possibile l’autarchia soggettiva e naturale della idea emergente dal fondo del sè.
Il volere riflette la nostra contingenza, la nostra limitatezza , in termini teologici la nostra creaturalità.
Quando esercitiamo il volere abbiamo chiuso una scelta, precludendoci le altre conscie e quelle potenziali che verrebbero generate nella massa sia conscia, sia inconscia del nostro essere.
Un volere fatto di condizionamenti non dovrebbe essere chiamato tale, ma solo obbligo funzionale e procedurale in quanto figlio di ragione e logica .
Dal mio punto di vista il volere dovrebbe emergere in modo naturale e spontaneo senza forzature, alleggerendolo così dalle ansie e dai rimorsi inconsci che sentiamo ,ma ai quali non avremmo dovuto dar peso, nella fase precedente alla decisione di volere.
Un volere emergente non può che essere generato dalla visione sistemica ,relazionale tra individuo e mondo ed è quindi puro e genuino nella sua soggettività.